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Le due candeleCurioso, nella storia millenaria di San Gemolo e della sua devozione, è il fare continuamente capolino di due candele. Il primo miracolo di San Gemolo riguarda proprio due candele. Come racconta il Goffredo da Bussero la notte della sua uccisione lo zio vescovo pose a guardia della sua salma dei pastori del luogo che vigilarono alla luce di due candele. Il mattino successivo, nonstante una notte intera di combustione, i pastori restituiro al vescovo le due candele usate per la veglia e queste risultarono praticamente intatte. Convinti da questo fenomeno tutti cominciarono a considerarlo santo. Quando poi Atto, Ingizio e Arderico ottennero nel 1095 dal vescovo di Milano Arnolfo III il privilegio che consentiva la fondazione del monastero questi, curiosamente, chiese in cambio anche che si consegnassero nel giorno di Natale due candele del peso di una libbra alla chiesa matrice di Santa Maria. A quasi mille anni di distanza, siamo agli inizi del 1900, ritroviamo due candele offerte a San Gemolo per ottenere un miracolo. Nessuno ha mai indagato a fondo questa vicenda, ma, il racconto che segue, sembra far intravvedere un'abitudine consolidata di offrire a San Gemolo due candale ogniqualvolta si implori da lui una grazia. Ma ecco il racconto di Giancarlo Mambrini pubblicato il 16.08-2001 su di un opuscolo commemorativo dei 60 anni del ritorno a Ganna delle reliquie del Santo: Angela Maria Cerutti, nata a Ganna l'8.12.1913 era ultima di quattro fratelli: Teresa, Eugenio e Rosa. I suoi genitori Maria Antonietta, chiamata "Tuno", e Alessandro, detto "Lisander" la guardavano con occhi benevoli, perchè a distanza dei fratelli era l'ultima nata e la sua salute era cagionevole. Il suo punto debole era la gola: soffriva molto spesso di angine, stati febbrili molto alti che per l'epoca (anni 1918-1920) erano difficoltosi da curare tanto che il dr. Contegni, medico di allora, non sapeva più che pesci piglliare. All'età di 7-8 anni avvenne, un giorno di febbraio, che una di queste infezioni più violenta ed aggressiva delle altre, si tramutò in difterite . Nonostante le cure Angelina si aggravò tanto che il buon dottore visitandola per l'ennesima volta, in tarda serata, cercando le migliori parole che si potessero trovare, disse sostanzialmente alla povera "Tuno", che già anni prima aveva perso un figlio, "Fatti coraggio, abbiamo fatto tutto il possibile, ma ormai siamo alla fine; domani, in mattinata, passerò per compilare l'atto di morte." Questo me lo ricordo chiaramente perchè Angelina, mia mamma, me lo raccontò infinite volte fin da quando ero ragazzo così come lo riporto e mi disse anche le sue sensazioni di allora: la sua mente capiva ciò che avveniva intorno a lei, ma il suo corpo era inerte, non reagiva. Alla disperazione della nonna "Tuno" in seguito alle parole del medico si aggiunse la preoccupazione per l'assenza del nonno "Lisander" che, dopo le parole pronunciate dal dottore, era uscito di casa e ormai passata l'una di notte e l'abbondante nevicata in atto, non era ancora rientrato. Il pover'uomo non era insensibile al dramma della sua "Pinin", così la chimava lui, alla quale era molto legato; cercava di alleviare il suo dolore versandoci sopra qualche bicchiere di vino e tante lacrime senza farsi vedere. Alla fine il nonno rientrò e ascoltò le rimostranze della nonna "Incosciente, la bambina sta morendo e tu rientri a quest'ora!". Senza avvicinarsi alla piccola malata, perchè sapeva che l'odore del vino la infastidiva, rispose alla nonna con un tono che non ammetteva repliche: "Donna, dammi due candele, gli stivali e non piangere... domattina il "Pinin" starà bene." Rivestitosi, con le due candele in tasca, uscì di nuovo incamminandosi sotto la neve verso la cappelletta di San Gemolo. Il mattino seguente Angelina, mia mamma, si svegliò dal suo torpore, rigurgitò tutta la materia infetta che aveva nel suo corpo e, dopo 3 o 4 settimane che non riusciva più a pronunciare una parola, disse con un filo di voce all'esterefatta "Tuno": "Mamma, ho fame". La nonna piangendo di felicità le preparò la colazione. Più tardi, come aveva annunciato, arrivò il medico. Vedendo la nonna "Tuno" così allegra ed euforica pensò che fosse uscita di senno per il dolore causato dalla perdita della piccola e, ascoltando frasi sconnesse in merito a due candele, se ne convinse ancora di più. Poi, entrando nella cameretta di Angelina, vedendola seduta sul letto metre consumava tranquillamente la sua colazione, rimase lui felicemente sorpreso e allora riuscì a capire il senso di quelle frasi rivolte a certe candele, e consigliò caldamente di portarne altre.
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ImmaginiNel 1963 la Fonte di San Gemolo ha subito una sistemazione del bacino di raccolta. Nell'occasione è stata edificata anche una piccola edicola con un bassorilievo che rappresenta la scena del martirio.
La Cappella di San Gemolo vista di fianco. L'inferiata che chiude l'ampia finestra fu ideata nel 1986 da don Mario Frecchiami, appassionato e competente studioso di San Gemolo.
Interno della Cappella di San Gemolo. Sotto l'altare sgorga una sorgente apertasi durante i lavori di costruzione. (foto A.Brazzale)
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