San Gemolo
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Polacco?

Don Francesco Galli fu un studioso appassionato delle vicende di quella che lui chiamava la Comitiva dei Pellegrini Romei in Valganna (Gemolo, Imerio, il Vescovo e il loro seguito).

Il primo successo lo mise a segno quando nel 1928 ritrovò a Bosto il sarcofago di S. Imerio e procedette al riconoscimento delle sue reliquie poi confermato dalla commissione scentifica nominata dalla Curia.

Quando nel 1937 fu nominato Priore di Ganna (fino al 1953) mise tutto il suo impegno per ottenere anche il riconoscimento delle reliquie di San Gemolo.

Nel 1941 la commissione storico-scientifica nominata dal Cardinal Schuster pronunciò il suo verdetto di autenticità. In quella circostanza lo stesso Cardinale lo incoraggiò a proseguire la ricerca riguardo all'identità del Vescovo e di San Gemolo.

Da quel momento don Francesco considerò questo obiettivo la sua missione ed iniziò una tenace ricerca che lo occupò per 25 anni e che lo portò a scandagliare gli archivi di mezza Europa, da Roma a Parigi, da Vienna a Ratisbona.

Cominciò con il cercare tracce di visite ad limina di vescovi nord europei nell'arco di tempo che va dal 971 al 1046 sperando che nelle cronache di qualcuna di esse vi fosse traccia dell'episodio del martirio.

Trovò di 21 vescovi, ma nessuno rivelava indizi di quell'evento. Da certi segnali sospettò che Gemolo fosse stato il nipote di Papa Leone IX. Questa teoria, a lungo inseguita, si rivelò però errata.

Continuò a brancolare nel buio e nel silenzio dei documenti fino a quando rinvenne nell'archivio della Badia una lettera del 1897 attraverso la quale un vescovo ungherese chiedeva al Priore di allora di inviargli notizie su San Gemolo e qualche sasso rosso.

Questa circostanza gli fece sospettare che vi fossero tracce del culto di San Gemolo in paesi dell'Est europeo; scoprire chi aveva portato quei semi di devozione poteva portare a nuove scoperte ed informazioni.

Nella grande difficoltà storica del momento (guerra fredda, cortina di ferro) trovò sostegno nel Cradinale Montini (prima da Arcivescovo poi da Papa Paolo VI) che aiutò la sua rete di contatti oltre il muro.

L'analisi del periodo storico intorno all'anno mille mette in luce come la Polonia fosse, in quel tempo, al centro delle attenzioni sia del Papa (Silvestro II) che dell'Imperatore (Ottone III).

Silvestro II era stato l'educatore di Ottone III e quando il primo divenne Papa ed il secondo Imperatore tra di due regnò una profonda sintonia al punto che Silvestro II delegò ad Ottone III la prima organizzazione della Chiesa in Polonia che nel 996 si era convertita al cristianesimo attraverso il suo Re Miecislao.

Ottone III andò in Polonia (999) portando con sè vescovi italiani e tedeschi per porli a capo delle nuove diocesi e della nuova organizzazione.

Nel succedere degli eventi il Re Boleslao I (succeduto a Miecislao) si risolse a mandare a Roma un vescovo per chiedere al Papa l'invio in terra polacca dei monaci di S. Romualdo per sostenere l'opera di evangelizzazione.

Scelse per questo scopo Poppo vescovo di Cracovia che tra le fine del 1000 e l'inizio del 1001 partì alla volta di Roma.

Proprio costui, secondo don Francesco Galli, è il vescovo zio di Gemolo che transitò con il suo seguito in Valganna.

Lo studio non chiarisce tutti i dubbi ed apre a molte domande ma questa possibile identificazione convinse don Francesco di aver portato a termine la sua missione e, ormai anziano, nella domenica di Pentecoste del 1966 consegnò alla Chiesa (nelle mani di Paolo VI) la sua fatica.

L'appassionato, e per certi versi commuovente, studio di don Francesco Galli è disponibile per intero nella sezione E-book, sotto il titolo La Comitiva dei Pellegrini Romei in Valganna, trascritto da una copia del dattiloscritto originale.

 

 

Immagini

La lettera, spedita dalla Segreteria di Stato Vaticana in data 20.6.1966 a don Galli con la quale il Papa Paolo VI, attraverso il card. Dell'Acqua, esprime compiacimento per il lavoro svolto. (cliccare sull'immagine per ingrandire)

 

La lettera, spedita dalla Segreteria di Stato Vaticana in data 08.4.1964 a don Galli con la quale il Papa Paolo VI, attraverso il card. Dell'Acqua, incoraggia don Francesco a non perdersi d'animo e a continuare nella sua ricerca. La lettera è ricopiata dallo stesso don Galli all'interno del suo lavoro. (cliccare sull'immagine per ingrandire)